Le ultime statistiche lo confermano: ancora oggi le donne guadagnano meno degli uomini, hanno lavori più precari e sono meno occupate. Accade in Italia, in Europa, negli Stati Uniti.
Le ultime statistiche lo confermano: ancora oggi le donne guadagnano meno degli uomini, hanno lavori più precari e sono meno occupate. Accade in Italia, in Europa, negli Stati Uniti. La colpa è sempre della conciliazione tra lavoro e famiglia: come si fa a gestire l'uscita del figlio da scuola con la scadenza del capoufficio, con la visita alla mamma anziana, con la spesa da fare e la lavatrice da stendere? Pensieri che, salvo eccezioni, non spettano agli uomini. Ai quali vengono più spesso offerti ruoli full time e stabili. Lo dice l'ultimo rapporto del Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea: a un anno dalla laurea i maschi hanno un lavoro stabile nel 9% di casi in più rispetto alle femmine, guadagnano meglio (il 32% in più) e sono più raramente disoccupati (24% contro 32%). I dati peggiorano dopo 5 anni: le mamme lavoratrici incassano il 14% in meno delle colleghe che non hanno figli. Il discorso è globale: secondo l'economista americana Stephanie Seguino, una donna deve lavorare mediamente 52 anni per guadagnare quanto un uomo fa in 40. Con qualsiasi livello di istruzione.
Ma ci sono isole felici: Islanda, Finlandia, Norvegia, Svezia, Irlanda. Questi i 5 migliori Paesi al mondo nella classifica 2012 del divario di genere stilata da Global Gender Gap. Altri Paesi europei compaiono tra i primi 20: Danimarca, Svizzera, Paesi Bassi, Belgio, Germania, Lettonia, Lussemburgo, Regno Unito, Austria. Spagna al 26° posto. E noi? Siamo all'80° posto nella classifica generale, al 101 per la partecipazione economica e le opportunità. Siamo dopo Trinidad e Tobago e Kirghizistan nella classifica sul divario di reddito.
Per fortuna le cose stanno cambiando: le mamme di tutto il mondo non ci stanno più. Prendiamo gli Stati Uniti, dove sono sempre di più le donne che, con figli ancora minorenni, vogliono lavorare. Full time. Se nel 2007 la pensava così una mamma su 5, oggi lo vuole una su 3 (dati Pew Research Center). Idem in Europa, dove le mamme che lavorano sono salite al 66% per il portale francofono Toute l'Europe. Una su 3 però è costretta, per impegni familiari, a scegliere un part time.
La svolta. Sarà per questo, e per la mancanza di occupazione, che sempre più donne si trasformano in imprenditrici. Soprattutto in Italia, dove le lavoratrici autonome arrivano al 16%, contro una media europea del 10% (dati Associazione Bancaria Italiana). Tra marzo 2012 e marzo 2013 sono nate più di 10mila imprese guidate da donne (fonte: Osservatorio Unioncamere), per un totale di 1.424.798 imprese femminili iscritte al Registro delle Imprese delle Camere di commercio. Quasi un quarto di tutte le aziende nazionali. E mentre l'imprenditoria italiana è cresciuta dello 0,2%, le ditte gestite da donne, in particolare, hanno tenuto un passo più che triplo: +0,7%.
Le donne sono più brave. Che le donne siano più brave nel lavoro lo conferma anche una recente ricerca del Ministero dell'Economia tedesco: le imprese guidate da donne crescono sì più lentamente, ma sono più solide, rendono felici i dipendenti, mostrando sensibilità per la conciliazione tra lavoro e famiglia, e registrano un tasso di insolvenza minore.
Sarà quel famoso sguardo d'insieme, quel saper fare più cose alla volta, il saper pensare d'anticipo e comunicare bene agli altri. Sarà un mix di tutte queste capacità il segreto, solo femminile, delle imprenditrici di successo.
Tutto il contrario di chi affronta una cosa alla volta senza distrarsi e concentrandosi fino al dettaglio prima di passare alla cosa successiva e riesce, grazie a questa capacità di concentrazione, a maneggiare sistemi complessi apparentemente intricati (come la compravendita dei giocatori nel calciomercato) ma manca di capacità relazionali e doti comunicative, è abile nei compiti meccanici ma non tanto in quelli della vita quotidiana. Ah, no, non stiamo parlando della maggior parte dei maschi! Ma delle persone autistiche con abilità savant, speciali. Le caratteristiche sopra elencate, infatti, sono quelle riportate nel libro "Autismo e talento" (Erickson, 2012). Ma non è l'autismo, si legge nel libro, a predisporre a queste doti, che infatti possono manifestarsi anche in persone "normali" (e comunque 6 volte più spesso negli uomini che nelle donne), quanto piuttosto lo "stile cognitivo focalizzato sui dettagli", e una scarsa concentrazione sulle proprie emozioni e su quelle degli altri. Non a caso "le abilità savant diminuiscono con l'acquisizione di migliori abilità di linguaggio, comunicazione e funzionamento quotidiano".
Viene allora a cadere il castello di supposizioni secondo cui "per fare carriera bisogna comportarsi come un uomo" (vedi il successo passato del libro "Le brave ragazze non fanno carriera", Tea, 2009). Lasciamo ai colleghi uomini le loro incredibili capacità meccaniche e di concentrazione sul dettaglio (su una cosa alla volta!) e conquistiamo il mercato del lavoro con la sensibilità, la lungimiranza, la comunicazione e la multifunzionalità che molti uomini non hanno: anche così si spiega la tripla marcia delle imprese femminili italiane.
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